Addio a Giorgio Bettinelli, giramondo in Vespa

Un ritratto. Un'intervista. Un lungo addio...



Addio a Giorgio Bettinelli, giramondo in Vespa, vagabondo delle strade di tutto il mondo, che affrontava con ironia, intelligenza, curiosità e tanta passione.
Giorgio Bettinelli è morto in Cina, il 16 settembre 2008, all'età di 53 anni, per un malore improvviso. Lì viveva da quattro anni, sulle rive del Mekong, con sua moglie Yapei. Stava preparando un altro libro, informa la moglie, questa volta sul Tibet. Ed è proprio la moglie a comunicare la sua morte, attraverso il blog dell’autore, con queste parole: Sono triste, desolata ma Giorgio non è più con noi, vola libero come un uccello, è in viaggio, ma in un altro mondo, freddo. Giorgio voleva scrivere un libro sul Tibet, ma non può più farlo, ora ha bisogno di dormire. Non so cosa posso fare per continuare il suo sogno, le sue parole e il suo amore verso di noi.

Ho conosciuto Giorgio a Mentana, dove abitava in una deliziosa casa piena zeppa di libri e vinili dentro il centro storico del borgo garibaldino. Proprio a Mentana partì per il suo primo avventuroso viaggio con destinazione Saigon, dove arriverà nove mesi dopo percorrendo 24.000 chilometri. E non si è più fermato...

Alaska-Terra del Fuoco, Australia-Sudafrica, la Vespa Worlwide Odyssey dal Cile alla Tasmania, dall'Angola allo Yemen, e poi la Cina, argomento del suo ultimo libro.

Una vita in viaggio. In Vespa. Così si può riassumere la storia di Giorgio. Ha iniziato a viaggiare a quattordici anni, quando in autostop è arrivato fino a Copenaghen, e non si è più fermato.

Ex musicista (era un componente dei mitici Pandemonium), appassionato fotografo, stupendo narratore, i suoi occhi esprimevano una curiosità e una vivacità rara, stare accanto a lui era essere vicino ad un vulcano in ebollizione, un tornado di idee e progetti. Mai fermo, mai domo...

Lo intervistai in occasione dell'uscita del suo libro del 2002 Brum Brum. 254.000 chilometri in Vespa. Alla fine restai tutto il pomeriggio con lui, mi fece sentire alcuni brani del cd che stava preparando ed era in uscita. Ad un certo punto chiamò qualcuno della casa editrice e lo informò che il libro era in ristampa dopo pochi giorni dall'uscita. Era felicissimo.

Nel corso degli anni lo incontrai spesso, sempre a Mentana, dove prima o poi ritornava. Non cambiò mai, sempre un vulcano, sempre allampanato e soprattutto i suoi occhi, sempre veri, sempre vivaci, sempre curiosi. E i suoi aneddoti, Dio se era un piacere starlo a sentire...

Passavi mezz'ora con lui e ti veniva voglia di mollare tutto e partire con il sacco a pelo all'avventura per il mondo.

Giorgio era più di un viaggiatore e di uno scrittore. Giorgio era, e continua ad essere, un'idea di libertà, l'incarnazione dei sogni di tutti di vivere una vita più vera e più libera. Lui c'è riuscito...

L'intervista che gli feci quel giorno venne pubblicata da un giornale locale; l'ho rispolverata adesso perchè è un peccato non condividerla con il popolo ben più vasto di appassionati dei libri di Giorgio. Ed è un piacere, al di là di tutti i ricordi, di tutti gli omaggi, sentire parlare lui. Che di storie e di racconti se ne intendeva. E di viaggi ovviamente...



Come hai iniziato questa tua lunga avventura?
“Ho sempre avuto un animo vagabondo. Ho iniziato a viaggiare fin da piccolo in autostop. Tutto questo è venuto naturalmente, non mi aspettavo niente, di regola io vivo giorno per giorno. Ero in Indonesia da otto mesi quando ho ricevuto in regalo una Vespa. Non avevo mai guidato una due ruote. Non sapevo, e tutt’ora so pochissimo, di meccanica. Ci ho preso gusto e sono andato a nord di Sumatra. Ci ho messo tre settimane. Sono poi tornato a Roma. Complice anche un sogno avevo deciso di prendere una Vespa e andare a Saigon. Mi hanno consigliato di andare dalla Piaggio per vedere se erano interessati a sponsorizzare il viaggio. All’inizio era una sponsorizzazione un po’ “occulta”, come per dire, “Vediamo che fa questo matto, se fa veramente quello che dice”, ma poi hanno visto che facevo sul serio, e da lì è partito tutto. Del primo viaggio ho scritto nel primo libro, “In Vespa”. Poi ho continuato, gli sponsor sono aumentati tanto da ricoprire il telaio della Vespa”.

Avrai vissuto tantissime avventure.
“Ho subito cinque furti e cinque aggressioni. Le aggressioni con il coltello alla gola o con lo spray paralizzante. Ho passato alcuni momenti molto duri. A volte mi sono ammalato e ho passato giorni in squallide camere d’albergo colpito da febbri strane. Una volta mi si è rotto il polso e sono dovuto stare fermo finchè non mi è guarito. Difficile è anche percorrere interi chilometri di terra sterrata, o i passaggi nel deserto. Senza contare il drammatico episodio che racconto alla fine del libro. Sono stato rapito da ribelli congolesi. Mi hanno tolto tutto. La Vespa non l’ho più rivista. Mi hanno tagliato i capelli. Per tre giorni sono stato in una cella di due metri per due. Ero terrorizzato. Ogni giorno entravano e minacciavano di uccidermi con il machete o con il fucile. Tutti avevano un Kalashnikov che mi sventolavano sotto il naso. Non ho avuto niente da mangiare per tutti e tre i giorni. Alla fine mi hanno lasciato andare, forse il capo ha avuto pietà, non so. Sono dovuto arrivare al confine a piedi, solo con i vestiti sporchi di quei tre giorni. Sono stato fortunato. L’alternativa, mi aveva comunicato il capo, era di morire lì, e lasciare tutto, anche la vita”.

Quali sono le caratteristiche che si devono avere per viaggiare come fai tu?
“Bella domanda. Non so, la curiosità, innanzi tutto, la voglia di non fermarsi mai, di conoscere tantissime persone tutte diverse, le loro abitudini, le loro tradizioni, e poi uno spirito di adattabilità non indifferente. Devi abituarti a dormire dove capita, a mangiare cibo che per te è immangiabile”.

Cosa ami del viaggio in vespa?
“Quando si viaggia come me, si ha tempo per le persone e per l’introspezione. Cose che in una vita normale, presi dagli impegni quotidiani, dalla velocità, dallo stress, si perdono. Così se viaggi e incontri persone noiose, sali in Vespa e parti. Altrimenti puoi rimanere anche dei giorni. Non ho vincoli particolari, posso rimanere ore solo per vedere un paesaggio, oppure a parlare con una persona, ho tutto il tempo del mondo. E poi la sensazione che dà viaggiare in Vespa non si ha se viaggi, per esempio, in macchina, o con una potente moto. Magari arriverei anche prima, ma non è quello il mio scopo”.

Non soffri mai la solitudine durante i tuoi viaggi?
“A volte, ma in genere ho sempre qualcosa da fare. E poi in Vespa riesci a raccogliere per strada tantissimi compagni di viaggio, che ti accompagnano per un tratto e poi ti lasciano. Come la vita, no? Dipende tutto dalla tua attitudine. Io sto bene da solo e sto bene in compagnia. E poi, per quanto mi riguarda, ho tutta una serie di riti che compio per rendere il viaggio più interessante”.

Tipo?
“Io scrivo racconti. Ogni volta che entro o lascio un nuovo paese, una città, un villaggio, scrivo un racconto sul mio taccuino. Ormai i taccuini sono decine. Penso che verranno pubblicati prima o poi. Ho anche l’abitudine, ogni volta che entro in un paese nuovo, di assaggiare il loro liquore tradizionale, o il loro vino, o qualsiasi cosa loro abbiano di tradizionale. E poi ho la musica. Nel portapacchi della mia Vespa, in posizione precaria, c’è sempre una chitarra. Mi diverto a scrivere canzoni, imparare nuove melodie dei posti che visito”.

A proposito, nel tuo passato c’è stata la musica. Tu facevi parte, come cantante, dello storico gruppo dei “Pandemonium”.
“Acqua passata. Ma la passione per la musica mi è rimasta. Nei miei viaggi ho sempre con me una chitarra. Le canzoni che ho scritto durante questi viaggi sono diventate un cd, dal titolo provvisorio di “Bon Voyage”, scritto in collaborazione con Lucio Fabbri, violinista della PFM. Ci saranno quattordici canzoni, ognuna composta in uno scenario diverso, quindi le influenze musicali saranno molto etniche”.

Toglimi una curiosità, in Vespa si rimorchia?
“Tantissimo. Ho conosciuto moltissime ragazze semplicemente dandogli un passaggio, aiutandole nei loro lavori quotidiani. E’ un mezzo che dà fiducia, non ho mai riscontrato atteggiamenti negativi”.

Hai mai pensato di abbandonare la Vespa per passare ad un altro mezzo, magari più moderno?
“Mai. Ormai il nostro è un rapporto indissolubile. E’ un veicolo affidabile. In tutti i miei viaggi non mi ha mai dato problemi seri, è robusta, tanto da poter attraversare deserti o luoghi allagati molto umidi”.

Avrai imparato a fare il meccanico, no?
“No. Ormai è una cosa scaramantica, per me le parti meccaniche del mezzo sono un mistero come prima. Al massimo cambio una candela, già cambiare la cinghia mi dà dei problemi”.

Dei tanti posti che hai visitato, qual’è quello che ti è rimasto nel cuore e nel quale ti fermeresti a vivere?
“L’Indonesia. Ci ho vissuto e nel corso dei viaggi ci sono passato due volte. C’è da dire però che adesso la situazione è più dura. Prima c’era una grande tolleranza religiosa, una convivenza ottima tra le varie religioni ed etnie, adesso la situazione è cambiata. Rimane comunque un posto splendido. Tanto che ci tornerò a breve. Ho notato che i posti dove mi sento a casa sono i posti del quarto, quinto o sesto mondo. Perché mi trasmettono qualcosa”.

Progetti per il futuro?
“Viaggiare, sempre viaggiare. Presto ci sarà la presentazione di un nuovo modello di Vespa, e io e il mio viaggio saremo il veicolo della promozione. E poi continuerò a viaggiare. Non so stare fermo”.

I libri di Giorgio Bettinelli:
In Vespa. Da Roma a Saigon (Feltrinelli 1997)
In Vespa oltre l'orizzonte (-Rusconi- 2002)
Brum Brum. 254.000 chilometri in Vespa (Feltrinelli 2002)
Rhapsody In Black. In Vespa dall'Angola allo Yemen (Feltrinelli 2005)
La Cina in Vespa (Feltrinelli, 2008)

Potete vedere le foto dei suoi viaggi qui.

Commenti

  1. Hai fatto uno dei ritratti più belli mai fatti di Giorgio... che era una persona fantastica, un sognatore e che soprattutto faceva sognare... le sue parole sono ancora più belle dpo aver letto i suoi libri. Complimenti. Sergio

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