Knockout

Dotsuitarunen, 1989
di Junji Sakamoto



E’ un personaggio tragico il pugile professionista della prima opera di Junji Sakamoto, Knockout. Un personaggio che è arrivato in cima, a costo di grandi fatiche, per poi precipitare rovinosamente al suolo. Dura sarà per lui la riconquista del posto che gli spetta.
La prima volta che appare Eiji Adachi è un bambino. Litiga con alcuni compagni, poi corre a perdifiato e dà pugni all’aria. Salto temporale. Adesso è un adulto. E’ sul ring, combatte contro un colosso nero. Un pugno ben assestato e Adachi è a terra sanguinante. La scena successiva ce lo mostra in sala operatoria, sotto i ferri. Questo nei primi cinque minuti di film. Il susseguirsi della pellicola vede Adachi aprire una palestra e cercare di tornare in piena forma per risalire sul ring e prendersi la sua rivincita. Dunque duri allenamenti, diete ferree, fino al momento del riscatto.
In questa sua prima opera, girata ad appena trent’anni, Sakamoto mostra una vitalità ed una padronanza del mezzo filmico veramente invidiabile. A tratti controllata, a tratti decisamente anarchica, utilizzando ralenti, accelerazioni o fermi immagine, la macchina da presa rimane appiccicata alla pelle del protagonista. E se la storia è trita e ritrita - alla fine sembra di assistere alla versione live action di Forza Sugar o Rocky Joe, anime conosciutissimi in Italia fin dagli anni ’70 - nonostante ispirata ad una storia vera, quello che ci mette il regista è una vitalità ed una energia che fanno letteralmente esplodere il film, in questo aiutato da attori non professionisti che ci mettono corpi cinematografici perfetti. Stonano un po’, in questo caso, alcuni inserti umoristici che sembrano spezzare l’azione drammatica, e se nelle opere future il regista imparerà meglio a gestire i cambi di tono, Knockout arriva comunque allo spettatore come un vero e proprio pugno. E se il finale con fermo immagine è il riconoscere uno status eroico al pugile, è il prefinale che arriva come una scheggia impazzita nel tessuto realista del film, sporcandolo con una poesia illuminante sul sogno di un bambino che si diverte a prendere a pugni l’aria.
Fedele al suo spirito anticonvenzionale, il regista approntò una prima visione esclusiva del film in un pallone aerostatico aperto al pubblico nel quartiere di Harajuku di Tokyo e davanti alla stazione di Osaka. La distribuzione “regolare” arrivò dopo lo scalpore suscitato da queste proiezioni.

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