Life on the tracks

Riles
Regia: Ditsi Carolino
Filippine-UK, 2002



Ditsi Carolino, documentarista indipendente, inizia la sua carriera come regista all’interno di una ONG a Mindanao. Il suo primo documentario risale al 1991; dirige poi altri documentari per più di dieci anni, alcuni dei quali ottengono numerosi riconoscimenti a livello internazionale. Tra i film maggiormente conosciuti, per via dei festival, Bunso, la storia di tre bambini imprigionati in un carcere di Manila insieme a criminali adulti. Riles-Life on the tracks, è la fotografia spietata di una zona degradata: siamo a Balic-Balic, un sobborgo di Manila, una baraccopoli fatta di miseria e povertà, invasa da sporcizia e topi, in cui vive un’eterogenea umanità che sbarca il lunario come può. Il sobborgo viene costantemente attraversato da un treno - da qui il titolo del film - che taglia in due il cuore del sobborgo.

Il film segue le vite di Eddie e Pen Renomeron e dei loro cinque figli - due naturali e tre adottati dopo che i loro genitori naturali furono schiacciati da un treno.

L’apertura del documentario introduce l’ambientazione: il fischio di un treno in lontananza, dettagli di uomini, donne e bambini che giocano, lavorano e vivono troppo vicini ai binari di quel treno. Poi il treno compare, continua a fischiare e ad avanzare. Le persone sembrano svegliarsi e accorgersi del suo arrivo. Lentamente si allontanano. Per lo spettatore è troppo tardi. Ormai è immerso in questo mondo, e per 70 minuti non può far altro che osservare e rabbrividire, a denti stretti.

La telecamera affonda come un bisturi in un corpo malato nella quotidianità degli abitanti di Balic. Senza pudore, senza inutili sentimentalismi, senza nessun tipo di intimità, viene svelata del tutto l’essenza del loro vivere. La loro quotidianità viene svelata: osserviamo così il petto senza un seno, divorato da un cancro, di Pen; Eddie che le pulisce la cicatrice; i giochi dei bambini accanto alle rotaie, i momenti di relax, la voglia di dimenticare la loro condizione bevendo, giocando a carte, cantando una triste canzone al karaoke che esprime la speranza di una vita migliore che Dio, prima o poi, donerà a tutti i poveri. E’ doloroso, assistere a questo documentario, ma necessario: vediamo candidati politici che vanno a visitare la baraccopoli dando speranza (tutto il mondo è paese, eh?!), e vediamo poi gli abitanti che si lamentano perché le elezioni sono finite ma per loro non è cambiato nulla (che novità!); vediamo la baracca della famiglia Renomeron abbattuta, e loro che si allontanano verso un altro tugurio. Eppure dai loro occhi emerge prepotente una grande dignità, una mesta rassegnazione, un dolore cieco. E, nonostante tutto, la voglia di sognare una vita migliore.

Vincitore nel 2003 come miglior documentario al Cinemanila International Film Festival.

Commenti

  1. Anche io mi ricordo di un politico che durante la campagna elettorale andava in giro a far propaganda nelle zone terremotate e regalava orologi ai vecchietti... XD

    Vedrò di recuperarlo in rete, questo documentario!

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  2. ... proprio vero :) tutto il mondo è paese!!

    Il documentario merita molto, te lo consiglio!

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